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"Aspetti Psicologici rispetto un evento critico: il post-sisma."

Aggiornamento: 8 set 2021

Stralci di teorie ed esperienze di lavoro. - scopo divulgativo


Il terremoto risulta un evento di una portata traumatica elevata. I soggetti esposti a tale evento critico possono produrre reazioni emotive e corporee importanti, che non sempre il cervello riesce ad elaborare. E’ uno strappo duro, reale con qualcosa che rende impotenti e indifesi. In un momento la vita che si era vissu

ta si disintegra e non esiste più.

Oggi sappiamo che non esiste un funzionamento mentale normale, soprattutto dal punto di vista biologico: abbiamo tutti un cervello uguale e un uguale numero di neuroni ma le loro connessioni e il suo funzionamento dipendono dalle esperienze e dai vissuti di ognuno, così da poterlo chiamare ‘apparato mentale.

Quando l’elaborazione del trauma non avviene spontaneamente, le emozioni e le sensazioni corporee si bloccano, e costruiscono reti neuronali disfunzionali che compromettono il normale funzionamento psichico e il benessere della persona. Ci sono degli studi psico-biologici al riguardo dove vedono protagonisti i vari sistemi. Il sistema neurovegetativo è formato da sottosistemi che si attivano in maniera gerarchica di fronte alle sfide ambientali. L’impatto di ciò che avviene, tuttavia, è soggettivo: a seconda delle caratteristiche di personalità, dell’ambiente circostante, della struttura emotiva e cognitiva di ogni persona un evento può essere più o meno traumatico.

Il concetto di trauma è derivato dalla medicina, dove indica una ferita o danno che comporterebbe una compromissione di un organo o processo fisico.


In “Al di là del principio di piacere” (Freud, 1920) il concetto di trauma è esposto come “corpo estraneo” nel tessuto psichico connotato da un eccitazione talmente forte da rendere inefficacie la barriera anti stimolo, pertanto l’individuo fa fatica ad elaborare psichicamente l’evento. Si parla, dunque, di trauma quando l’Io non è in grado di mobilitare un controinvestimento all’iper-eccitazione esterna o di legarla all’investimento pulsionale (Mangini, 2001). Nel 1926, Freud, in Inibizione, Sintomo e Angoscia definisce, infatti, l’essenza del trauma in una sensazione di impotenza dell’Io di fronte ad eccitamenti interni o esterni; con l’evento traumatico si ha, quindi, la lacerazione della capacità difensiva dell’Io (Freud, 1964). Si notano bene questi meccanismi nei soggetti esposti all’evento sismico dove l’individuo si trova a che fare con qualcosa di ingestibile e fuori portata.

Riguardo l’evento terremoto ci si trova in una condizione post sisma dove si fatica ad elaborare e a pensare ciò che si è vissuto. Quello si può cercare di fare è lavorare proprio con le emozioni legate al trauma, cercando di potenziare consapevolezze. La caratteristica dell’esperienza traumatica è l’incomunicabilità e la possibilità di legare l’esperienza psichica attraverso il suo significato. Vengono meno quei sistemi di sicurezza creati fino a quel momento e il soggetto deve ristabilire come può, sulla base anche delle sue strategie di coping, l’assetto mentale. L’iperattivazione emotiva e fisica può portare sintomatologie diverse; così emerogno contenuti legati al terremoto quali paura, rabbia, sentimenti di impotenza, inadeguatezza, aggressività manifesta, senso di vuoto, umore depresso e comportamenti autolesionisti ( aumento di alcol e fumo in modo significativo). Il grande tema su cui ci si sofferma è la perdita quindi con annessi processi di elaborazione di lutti e separazioni ( reali o metaforici).

Ci si può trovare ad affrontare lutti o eventi critici di vita precedenti al terremoto o negati fino a quel momento o non elaborati a sufficienza. Si osserva come in questi casi un trauma può aprire delle ferite profonde antecedenti al qui ed ora e che può arrivare a scompensare la persona che fino al momento dello shock era compensata. Viene meno il sentimento di sicurezza e c’è un grande bisogno di contenimento.

La nostra psiche è composta da meccanismi difensivi, che se non utilizzati in modo massiccio sono utili alla persona, durante un evento critico come quello del sisma può capitare che alcune modalità vengano intensificate utilizzando meccanismi quali la dissociazione, l’intellettualizzazione, la razionalizzazione, la negazione, l’isolamento degli affetti e via via. Si è a conoscenza che bisogna fare attenzione quando il meccanismo diventa pervasivo e unica modalità conosciuta e attuata in modo massiccio, come Psicologi si monitora e pone attenzione a particolari criticità.

Tendenzialmente l’essere umano ha la capacità di superare il lutto. Esso diventa patologico se è presente una difficoltà ad accettare la sua ineluttabilità. Il lutto è definibile come uno:

… stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili (Galimberti, 1999, 617).

Bowlby (1982), che per molto tempo si concentrò sullo studio della costruzione e della rottura dei legami affettivi identificò 4 fasi del lutto:

  • Una prima fase di disperazione acuta, caratterizzata da stordimento e protesta. Solitamente questa fase si caratterizza per il rifiuto della perdita.

  • Una fase d’intenso desiderio e di ricerca della persona deceduta (alcuni mesi o anni).

  • Una fase di disorganizzazione e di disperazione.

  • Una fase di riorganizzazione, durante la quale gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi e la persona afflitta comincia ad avvertire un ritorno alla vita.


Il problema maggiore è la difficoltà al ritorno alla vita considerato che in casi come il sisma, le comunità vivono con il proprio paese avanti ai loro occhi diroccato, in macerie. Patiscono il fatto di non vedere un demolizione effettiva che sta avendo tempi molto lunghi ( parliamo a distanza di anni) e quindi riconducono ciò ad un impossibilità di ricostruzione. Molte persone sono morte dopo il sisma per infarti, ictus e suicidio. Alcune si ammalano dopo. Può avvenire così un senso di disillusione e rinuncia. Nelle aree sismiche risiedono comunità molto resistenti; con un alto livello di tolleranza verso frustrazione e sopportazione: cittadine che hanno molto da trasmettere e da dove si può apprendere molto su come sopravvivere a momenti critici.

Nei contesti di emergenza e soprattutto post emergenza, risulta utile un approccio di tipo psicosociale proprio perché si propongono attività per implementare l’empowerment e le capacità insite nei soggetti coinvolti: strumenti emotivi di elaborazione e di rafforzamento che si lasciano per poter fronteggiare meglio la sofferenza. E’ importante cercare di potenziare l’autostima e l’autoefficacia sociale del luogo, dando un senso e un nome a ciò che si è vissuto, condividendo la sofferenza presente.


** si fa riferimento al sito ‘state of mind’

**si fa riferimento agli autori sopra citati

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